Autore: Oreste Cagnasso
Tipologia: Contributo in rivista – Articolo
Titolo rivista: Il nuovo Diritto delle Società
Anno pubblicazione: 2018
Numero/Volume: 11 – p. 1517-1540
Note: Relazione tenuta in occasione del XXXII Convegno di studio su “Società a responsabilità limitata, piccola e media impresa, mercati finanziari: un mondo nuovo?” – Courmayeur, 14 – 15 settembre 2018.
Abstract:
La relazione illustra i profili di disciplina delle s.r.l. P.M.I. con particolare riferimento all’ipotesi della società aperta, che offra al pubblico le proprie partecipazioni tramite il crowdfunding e con particolare attenzione alle regole di governance.
Premessa:
Come è noto ed è facilmente constatabile, la s.r.l. costituisce il tipo societario più utilizzato dalle P.M.I., offrendo una disciplina flessibile e consentendo la possibilità di finanziamenti attraverso canali diversi da quelli tradizionali ed in particolare l’equity crowdfunding.
Infatti il d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge del 21 giugno 2017, n. 96, contenente misure urgenti per lo sviluppo, al primo comma dell’art. 57, denominato “Attrazione per gli investimenti”, dispone: «all’articolo 26, commi 2, 5 e 6, del decreto – legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, le parole: “start-up innovative” e “start-up innovativa”, ovunque ricorrano, sono sostituite dalla seguente: “PMI”». I tre commi richiamati, relativi alle deroghe al diritto societario previste per le s.r.l. start up innovative ed estese prima alle PMI innovative ed ora a tutte le P.M.I., concernono la possibilità per queste ultime, qualora costituite in forma di s.r.l., di creare categorie di quote, offrirle al pubblico anche attraverso il crowdfunding, acquistare proprie partecipazioni nell’ottica della formulazione di piani di incentivazione.
Le nuove regole, come si è osservato, concernono le s.r.l.qualificabili come P.M.I. e quindi con un numero di dipendenti inferiore a 250 ed un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o, alternativamente, un totale di bilancio non superiore a 43 milioni di euro. Si tratta del maggior numero delle s.r.l..
Con radicale modificazione dei connotati tipologici la s.r.l., o quasi tutte le s.r.l., quelle P.M.I. (indipendentemente dall’essere innovative), possono quindi essere configurate come società aperte con partecipazioni diffuse tra il pubblico. Inoltre, anche in deroga alla regola della proporzionalità tra diritti e partecipazioni ed alle disposizioni in tema di diritti particolari, hanno la facoltà di creare categorie di quote fornite di diritti diversi.
Oggi pertanto accanto alle s.p.a. chiuse o aperte si possono riscontrare anche s.r.l. chiuse o aperte. Con un’inversione di prospettive: la s.p.a. aperta deve superare determinate soglie; la s.r.l. aperta non può superarle. In altre parole, la s.p.a. aperta è tendenzialmente una “grande” impresa; la s.r.l. aperta è una piccola – media impresa. Inoltre il legislatore ha inserito le P.M.I. aperte nel contesto non solo della s.p.a., ma anche della s.r.l., tipo funzionale alle società chiuse, senza dettare alcuna disciplina esclusivamente riconducibile al carattere aperto.
La possibilità di creare categorie di quote infatti vale anche per le s.r.l. chiuse: il dato letterale non distingue tra queste ultime e le s.r.l. aperte. Le stesse clausole contenute nel modello standard di s.r.l. start up innovativa (applicabili nel caso in cui si intenda ricorrere alla costituzione con atto sottoscritto con modalità digitali) comprendono la possibilità della previsione di categorie di quote senza collegarla al carattere aperto della società. Ed invero anche nelle società chiuse potrebbe aversi la presenza di soci “imprenditori” e di soci “finanziatori” e quindi risultare utile la formazione di categorie di quote con differente contenuto. Per contro è chiaro che difficilmente potrà ipotizzarsi una società aperta senza la creazione di categorie di quote per il pubblico di sottoscrittori. Anche la possibilità di acquisto di quote proprie può risultare uno strumento utile alle società aperte, consentendo una sorta di diritto di recesso in certi casi da parte dei soci e quindi di disinvestimento e un “embrione” di mercato secondario delle partecipazioni. Ma pure in questa ipotesi si tratta di una facoltà applicabile anche alle società chiuse, che intendano attuare piani di incentivazione a favore di dipendenti, collaboratori, amministratori, prestatori di opere e servizi anche professionali.
In conclusione, il legislatore non detta una disciplina esclusivamente propria delle s.r.l. aperte (salva naturalmente la facoltà di offerta al pubblico delle loro partecipazioni, nonché di utilizzazione della tecnica dell’equity crowdfunding). [continua]
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